CENNI STORICI DI ARRONE

LE ORIGINI

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Descrizione

Gli storici sostengono che le origini di Arrone risalgano intorno all’880, quando un nobile romano, tale Arrone figlio di Lupone, si impossessò del colle e vi costruì un castello fortificato, estendendo poi il dominio anche sulle terre circostanti.
Secondo l’interpretazione di Giuseppe Cattani le prime tracce residenziali nacquero tuttavia agli inizi del III sec. a.C., al tempo delle scorrerie del console Quinto Fabio Rulliano e del suo antagonista Gello Ignazio, che misero a ferro e fuoco il Sannio, la Marsica, la Sabina e l’alta Umbria.
I primi abitanti vanno infatti ricercati fra i profughi e proscritti che vi si arroccarono, ritenendo l’acrocoro un luogo protetto. Tale scelta si rivelò previdente, in quanto Annibale non raggiunse la Valnerina né vi furono mai altre competizioni.
Sull’altopiano nacque la minuscola acropoli oggi conosciuta come  “la Terra”. 
L’epoca in cui il complesso ebbe origine è confermata dal ritrovamento di un notevole numero di tombe romane in terreni limitrofi al bosco delle Carpinette, che costituirono certamente la necropoli dei “terrani”.

L’organizzazione politica, economica e sociale del Castello di Arrone durante il corso dei secoli X e XI rispecchiava i tempi.
Il territorio era suddiviso in una “pars dominica” e in una “pars massaricia”. La prima amministrata dal signore comprendeva le botteghe artigianali, i magazzini, i frantoi, i mulini, le terre, i boschi e i prati, le strade e i ponti. La “pars massaricia” era costituita dai “mansi”, ossia da fondi minori, assegnati ai coloni e alle loro famiglie per collocarvi le proprie capanne e farne rendita. In questo contesto in cui i signori dominavano, gli Arroni riuscirono ad estendere i loro possedimenti verso Polino, Ferentillo, Piediluco e Miranda prima che Spoleto si interessasse attivamente delle questioni della Valnerina.
Verso la fine del 1100 il dominio di Spoleto era quasi totale in Valnerina. Gli Arroni per alcuni decenni furono ancora in grado di opporsi alle mire espansionistiche di Spoleto, in difesa di quelli che ritenevano essere I loro diritti.
Così, quando l’abate di S. Pietro in Valle, nel 1190 vendette al Comune spoletino il Castello di Stirato, ne rivendicarono il possesso con una controversia che si protrasse fino al 1202, anno in cui Papa Innocenzo III la risolse in favore di Spoleto.
L’essere soli a contrastare nella bassa Valle del Nera, le mire espansionistiche spoletine comportava uno sforzo finanziario non indifferente.
Gli anni dopo il Castello di Arrone ebbe una inattesa emorragia di popolazione: alcuni abitanti fuggirono, con le loro famiglie, per andarsi a rifugiare nella parte opposta della valle, sull’alto del colle di Bufone, che Spoleto concesse loro subito, legandoli a se’ con un contratto che li autorizzava a costruirvi abitazioni in cambio di un atto di sottomissione e della promessa di fare pace o guerra a volontà del Comune, con chiunque a discrezione del Comune.
I fuoriusciti, spinti e appoggiati da Spoleto, iniziarono a molestare con colpi di mano e razzie i signori di Arrone. La situazione divenne ben presto insostenibile, tanto che questi nell’aprile del 1229 furono costretti a recarsi a Spoleto per pronunciare, nella piazza del Duomo, il giuramento di fedeltà. Una serie di pesanti condizioni posero il Castello di Arrone sotto il dominio di Spoleto. Gli Arroni comunque si ripromisero di approfittare di ogni occasione favorevole per rendere inoperanti gli accordi che avevano dovuto sottoscrivere. Tentarono di liberarsi dalla soggezione spoletina prima nel 1258, poi nel 1263 ed infine nel 1291, ma sempre con lo stesso esito negativo e con l’inasprimento del comportamento di Spoleto nei loro confronti.
Seguirono in continuità distacchi e sottomissioni e nel 1347 gli uomini di Arrone riscattarono il paese trasformandolo da Signoria a Comune.

 

La Terra è l’insediamento primordiale, testimonia ancora i caratteri di rocca difensiva grazie alla presenza, appunto, del castello degli Arroni. Fra le sue mura custodisce la gotica chiesa di San Giovanni Battista, nella cui abside poligonale si trovano mirabili affreschi quattrocenteschi che risentono dell’influenza di Filippo Lippi. Nei pressi della chiesa si trova la Porta di San Giovanni, caratterizzata da un arco gotico a sesto acuto, che collega i due antichi borghi. Passeggiando per le strade, ad esempio via del Vicinato, si colgono i segni del tempo: la torre degli olivi, il campanile civico. La Terra di Arrone conserva una struttura ancora leggibile che costituisce un importante esempio di castello feudale eretto secondo un preciso progetto urbano. Attualmente il castello si presenta circondato da una cinta di mura fortificate con torri circolari. Il nucleo più antico, corrispondente alla rocca feudale, è organizzato su una struttura viaria ortogonale centrata sull’asse della via principale che unisce la Torre Maestra, posta nel punto più alto del castello, alla chiesa di San Giovanni, ubicata in prossimità dell’omonima porta, dominata dal campanile a vela poligonale che si eleva dall’abside della chiesa. La torre maestra, ovvero il mastio, una massiccia costruzione quadrata posta su più livelli, rappresenta ancora l’emergenza architettonica del borgo. Al livello inferiore (dove è oggi l’ingresso) era presente un vano, coperto da una volta a botte, adibito a cisterna o magazzino. L’ingresso originale, tuttora visibile, era situato al primo piano ed era accessibile attraverso una scala in legno, posta sulla parete della torre. Da qui due solai, anch’essi in legno, dividevano in altrettanti vani lo spazio interno della torre coperto in alto da una grande volta a botte in pietra. Una scala interna in legno garantiva il collegamento tra i vari piani e premetteva di raggiungere la copertura dove era la scolta (vedetta). La scolta e i merli che sicuramente coronavano la torre sono andati perduti; sui loro ruderi è nato nel tempo un olivo che è divenuto insieme con la torre il simbolo del Comune.

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Pagina aggiornata il 11/06/2025